News: Superbonus 110%, finanziamenti e mutui in condominio

La forma più semplice, senza ombra di dubbio, è quella che vede il pagamento delle somme dovute per l’esecuzione delle opere previste come trainanti (ed eventualmente per quelle trainate), nell’ambito massimo dei limiti di spesa e successiva detrazione del 110% della spesa in cinque rate annuali.

Esempio: Tizio paga una quota per la posa in opera del cappotto termico ed altre opere detraibili pari ad € 7.000,00.

Egli avrà diritto a detrarre € 7.700,00 in cinque rate annuali. Il meccanismo così individuato è pressoché identico a quello delle normali detrazioni per ristrutturazione. Cambiano una serie di adempimenti comprovanti il diritto al superbonus.

Siccome, però, si sa, certi interventi sono costosi e il periodo, che ha favorito la misura, non è di quelli che vedono grande propensione alla spesa, allora si è detto: per il superbonus al 110% sarà possibile fare ricorso alla cessione del credito, ovvero allo sconto in fattura.

Si tratta di due misure che nelle intenzioni del legislatore potrebbero portare ad evitare l’esborso di denaro al contribuente finale committente dei lavori, lasciando all’appaltatore, agli istituti di credito, ovvero ad altri intermediari, mediante la cessione o lo sconto (questo proprio dell’appaltatore), di trarre beneficio dalla detrazione del 110%, attraverso il meccanismo del credito d’imposta.

Superbonus 110%, serve denaro per iniziare i lavori?

La domanda sembra sciocca, ma forse sciocco è il tentativo di fare passare questa operazione di efficientamento energetico legata al superbonus come un’operazione a costo zero per la proprietà.

Potrà accadere, non è da escludersi, che più di un intervento tra quelli citati nel d.l. Rilancio sarà effettuato a costo zero, cioè senza tirar fuori dalla tasca nemmeno un euro.

Ad oggi, tuttavia, data la situazione di totale incertezza, è difficile a dirsi se e quanti saranno.

Sta di fatto che è oramai sempre più ricorrente la voce che per eseguire i lavori che danno diritto al superbonus, almeno all’inizio sarà necessario un anticipo.

Se l’impresa non eseguirà uno sconto in fattura pari all’intero ammontare dell’opera, infatti, una parte del costo andrà corrisposta.

Se la cessione del credito all’istituto di credito della detrazione, per la sua fruizione mediante credito d’imposta opera al primo stato di avanzamento e non v’è accordo per l’anticipazione gratuita dell’acconto, se non interviene un terzo soggetto, il così detto general contractor, del quale spesso abbiamo sentito parlare anche per le precedenti versioni di ecobonus e sisma bonus, appare evidente che la strada “operazione a costo zero per il condòmino” sia molto, molto impervia: forse interrotta.

Anche nelle più rosee delle ipotesi, però, la percezione delle cose (importi complessivi, necessità di liquidità all’inizio dei lavori, costo del denaro, ecc.) è che per buona parte degli interventi di riqualificazione energetica ed antisismici che verranno posti in essere sarò necessario che condòmini paghino qualche cosa.

Già s’inizia a parlare di finanziamenti e mutui condominiali, di solidità finanziaria dei condòmini, di pre-istruttorie finanziarie per l’insieme dei condòmini.

Insomma, se, come si suol dire, tanto ci dà tanto, nelle proposte che tra poco inizieranno ad arrivare negli uffici degli amministratori, che le paracaduteranno in assemblea, ci saranno finanziamenti e nei casi di spese maggiori anche di mutui.

Finanziamenti e mutui condominiali, lo stato dell’arte

Il finanziamento altro non è che il prestito di una somma di denaro. Ti do € 1.000,00 e me li ridai in X anni al tasso Y.

Il mutuo descritto dal codice civile, nella sostanza, è la stessa cosa, ma si differenzia per il fatto che in relazione alla ristrutturazione dell’immobile può essere concesso entro determinati limiti di costo (non più dell’80%) e con particolari tassi.

Il finanziamento solitamente prevede garanzie personali, mentre per il mutuo possono è facile avere la richiesta di garanzie reali (leggasi ipoteca).

Oltre che dal codice civile, mutuo nella sua doppia forma di fondiario mutuo e ipotecario è regolato dagli articoli 38 – 42 del Testo Unico Bancario – Decreto Legislativo n° 385 del 1° settembre 1993.

La questione che riguarda il condominio in relazione ai finanziamenti può essere così riassunta:

  • l’assemblea può deliberare la stipula di un contratto di finanziamento o di mutuo?
  • se può farlo, quali sono le maggioranze?

Recentemente il dibattito è stato riportato in auge e si è detto che, sì, l’assemblea ha competenza a deliberare finanche mutui garantiti da ipoteca col voto favorevole della maggioranza dei presenti e 2/3 del valore dell’edificio.

Ciò in analogia a quanto previsto dall’art. 1108, quarto comma, c.c. in materia di ipoteca sul bene in comunione qualora questa abbia lo scopo di garantire la restituzione delle somme mutuate per il miglioramento della cosa comune.

Così fosse, allora, per completare il discorso dovremmo dire: il finanziamento senza alcun tipo di garanzia, al più necessiterebbe del voto favorevole della maggioranza dei presenti e la metà del valore dell’edificio, come per gli interventi previsti dal d.l. Rilancio.

Il finanziamento è un servizio reso nell’interesse comune e quindi l’assemblea ha competenza a deliberarlo.

Le delibere sono obbligatorie per tutti i condòmini (art. 1137 c.c.) e quindi tutti i condòmini sono tenuti a concorrere, in ragione della loro quota, a quel pagamento.

Eppure non si sta discutendo se e come ristrutturare o migliorare un bene, ma di come far fronte a quella spesa.

Le cose stanno davvero così?

Davvero la maggioranza dei presenti in assemblea e 2/3 del valore dell’edificio possono decidere di far accendere ipoteca, per dire, sull’alloggio del portiere? Non v’è differenza alcuna tra assemblea della comunione e assemblea del condominio, tra beni oggetto di comunione e quelli soggetti al regime del condominio che possa far dubitare per l’applicazione estensiva dell’art. 1108 c.c. al condominio?

La strumentalità del godimento, l’accessorietà e funzionalità del bene comune alla proprietà esclusiva non sottraggono competenze all’assise condominiale che è diversa da quella della comunione? Decidere su un bene che è oggetto diretto del godimento da parte di tutti, non è cosa diversa dal decidere su beni che sono comuni in ragione di un vincolo di accessorietà a proprietà esclusive? In sintesi: è forse l’art. 1108, quarto comma, c.c. una norma eccezionale?

E del finanziamento senza garanzie, che dire? Un conto è la decisione dell’assemblea di deliberare una spesa, altro come far fronte a quel costo. L’assemblea delibera i lavori e facendolo accetta il costo concordato con l’appaltatore (o da questi proposto).

Nei rapporti interni, l’adempimento è affare di ciascun condòmino e ognuno, nell’ambito della propria autonomia e indipendenza, può scegliere come adempiere, rispetto ai modi consentitigli dall’ordinamento.

Se Tizio ha la disponibilità economica per fare fronte alla spesa derivante dall’opera, perché deve pagare di più partecipando al costo del finanziamento? L’assemblea potrebbe vietare a Tizio di versare la somma richiesta per i lavori in un’unica soluzione? Forse solamente nel caso di lavori per i quali è previsto uno stato di avanzamento.

Rispetto alla pulizia scale turnaria e personale da parte dei condòmini la Cassazione è stata molto netta.

Secondo gli ermellini, è vero che è diritto-dovere di ciascun condomino, ai sensi dell’art. 1118 c.c., di provvedere alla manutenzione delle cose comuni e che ciò comporta senza dubbio non solamente l’obbligo di sostenere i relativi costi, ma anche tutti gli obblighi di fare e non fare connessi alle modalità esecutive dell’attività manutentiva, ma ciò non vuol dire che tali obblighi possano spingersi, senza il consenso di tutti i condòmini, fino all’imposizione di prestazioni che si sostanzino in modificazioni a maggioranza «dei criteri legali o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune (quale quello di pulizia delle scale), venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso l’imposizione, come nelle specie, di un obbligo di facere, ovvero di un comportamento personale, spettante in egual misura a ciascun partecipante e tale da esaurire il contenuto dell’obbligo di contribuzione» (Cass. 13 novembre 2018 n. 29220).

Il finanziamento, che prevede una maggiorazione di costo rispetto alla spesa originaria (se i lavori costano 10, col finanziamento possono arrivare a costare 12, 13 o anche di più), va considerato alla stregua di una modificazione dei criteri di riparto di legge? O più come un servizio reso nell’interesse comune?

Ed il condòmino che non voglia usufruirne, può, in analogia alle innovazioni gravose, sottrarsi da quella spesa?

Dubbi che meriterebbero una risposta legislativa ad hoc: dubitiamo che verrà approntata. Sta all’interprete studiare e cogliere l’intima ratio della natura delle spese, delle loro modalità di estinzione e correlatamente dei poteri dell’assemblea e dei loro limiti.

Insomma, proporre soluzioni coerenti col sistema ed utili ai condòmini.

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